15945 - La testa di Niccolò Dandolo
N. Lygeros
Traduzione: Lucia Santini
La notte non era terminata.
E aveva in mente il Governatore di Nicosia.
E non solo gli atti barbarici.
Perché sapeva come aveva resistito per due mesi all’invasione della barbarie.
Inoltre non poteva dimenticare l’opera.
Perché la sua morte non aveva cancellato tutto.
Non era come coloro che ricordano di Bisanzio solo e solamente la fine, la caduta.
Aveva in se undici secoli.
E il più grande Impero per tempo di durata era un esempio da imitare
per quanti vivevano con la strategia.
Anche con la croce in mano.
Inoltre non poteva dimenticare che la testa di Niccolò Dandolo continuò la sua opera
anche dopo la fine.
Visto che anche morto non influenzò né Bragadin né Baglioni.
Anche se colpito dagli Ottomani non cambiò nulla.
Lo seppellirono con tutti gli onori a Famagosta.
Perché quella testa aveva resistito fino alla fine.
Nessuno aveva dimenticato l’assedio della Città e i cavalieri crociati, e neppure
il contrattacco con le teste e i cannoni.
Pian pian si vedeva la fine del tramonto e l’epoca cambiare.
Non poteva la barbarie rimanere dominante.
Malta che era così piccola non le aveva lasciato nessun margine.
L’aveva cacciata con la coda fra le gambe.
Senza possibilità di ritorno.
Ma qui Venezia continuava a tardare.
Guardò le stelle.
Indicavano la traiettoria che doveva seguire per trovarsi al fianco
degli assediati che resistevano da tanti mesi.
Li immaginò come le stelle in mezzo al buio della notte con il loro Governatore
per faro.
Lo stava digià aspettando.
E avevano tardato.
Ma non lo vedeva vivo.